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Autore: Mario Comoglio
Innumerevoli sono le pubblicazioni e le riviste che si dedicano ai g. L’importanza dell’argomento è evidente per tutti. La sopravvivenza e lo sviluppo umano sembrano dipendere per molti aspetti da come l’uomo è capace di organizzare e vivere insieme con esseri simili a lui. Se mai c’è stato un tempo in cui gli uomini sono vissuti come individui indipendenti, oggi il g. rappresenta per l’uomo la struttura fondamentale della sua esistenza. Esso è l’elemento chiave della produttività, dell’educazione, del superamento delle insidie della natura, dell’intimità, della collaborazione. Anche chi cerca di evitare di lavorare o di stare in g., non può far a meno di stabilire relazioni con altri che permettono la sua stessa sopravvivenza.
Nonostante l’evidenza che il g. costituisce una condizione di vita fondamentale, di esso non è stata ancora trovata una definizione univoca, anche se molte questioni sono state ormai chiarite. La problematicità della definizione (e conseguentemente dello studio) deriva dalla variegata fenomenologia sotto la quale il g. si presenta (g. di lavoro, g. di amici, g. di adolescenti, g. di consumatori, g. spontanei, g. ideologici, g. di studio, ecc.).
2.1. La comunicazione faccia a faccia.
Individui riuniti insieme che comunicano direttamente fra loro o che comunicano solo con un leader, molto facilmente potranno costituire qualcosa definibile come aggregato o insieme, ma non g. vero e proprio con le sue proprietà tipiche. Infatti la comunicazione diretta da sola non è sufficiente a produrre un g. efficace. Un g. funziona realmente solo se i membri che lo costituiscono posseggono ed esprimono una competenza comunicativa (insieme di abilità come: saper comunicare fiducia, sensazioni e messaggi chiari, saper condividere sentimenti, ascoltare con rispetto, ecc.). In un g. efficace l’interazione deve essere anche ‘promozionale’, cioè esprimere comportamenti di accettazione, stima reciproca tra i membri, disponibilità a lasciarsi influenzare, aiuto reciproco e supplenza in caso di necessità.
2.2. Le norme e i ruoli.
Le norme regolano il modo in cui i membri del g. interagiscono e si comportano. Possono essere formali o informali. Le prime, spesso condivise, specificano esplicitamente le modalità organizzativo-comportamentali del g. (ad esempio, la periodicità degli incontri, i loro limiti di durata, le modalità decisionali e di partecipazione, ecc.). Le seconde definiscono tutti quei comportamenti che i membri si attendono dagli altri o ai quali essi pensano di doversi attenere nelle varie situazioni della vita di g. Tali norme possono variare per il grado di importanza che posseggono rispetto ai valori e agli scopi fondamentali del g. Quelle che regolano aspetti ritenuti essenziali consentono scarsa libertà di comportamento, quelle che definiscono aspetti secondari lasciano invece maggiore libertà. Le norme non sono imposte al g., ma si sviluppano dall’interazione tra i membri che lo compongono.
Se le norme integrano le azioni dei diversi membri nel g., i ruoli le differenziano attribuendo a ciascuno un modo proprio di agire. I ruoli sono funzioni esercitate all’interno del g. o anche aspettative che definiscono il comportamento di un membro che occupa una posizione specifica all’interno del g. (ad esempio, mantenere la memoria del g., avere la responsabilità giuridica, ecc.). I ruoli implicano un comportamento dovuto da parte di chi lo esercita e un diritto da parte di chi lo riconosce. Ruoli non riconosciuti possono dar luogo a conflitti. Un esempio tipico è il conflitto di leadership. Il non riconoscimento di una leadership dà luogo al sorgere di una contro-leadership. Un g. efficace dispone di norme precise ma anche di ruoli variabili.
2.3. La leadership e il potere.
Appena si forma un g., un membro assume una posizione di potere e di influenza sugli altri componenti.
L’argomento della leadership è stato particolarmente studiato a cominciare dagli anni Cinquanta e molte teorie sono state allora sviluppate. Alcune di esse sono interessate alla descrizione delle caratteristiche associate alla funzione di leadership o alle modalità con le quali questa è gestita (teorie dei tratti di leadership o di stili di leadership), altre alla definizione della relazione tra comportamenti di leadership efficaci e variabili situazionali (teorie situazionali). Attualmente molti studiosi concordano che non si possa parlare di un comportamento di leadership come superiore a un altro. Situazioni diverse possono infatti esigere comportamenti diversi ugualmente efficaci.
2.4. La coesione e la pressione di conformità.
La coesione indica il livello di percezione del senso di appartenenza al g. In altre parole essa esprime il modo in cui un membro o i vari membri del g. si definiscono rispetto al g. Quanto più numerosi sono i vincoli o le cose che si condividono, tanto maggiore sarà la coesione.
Norme, regole, interazione, scopi, motivazioni, attribuzioni di ruoli, leadership intervengono sui membri del g. per caratterizzare, uniformare e dirigere comportamenti e pensieri, suscitare reazioni emotive, orientare valutazioni comuni all’interno del g. In molti modi e lentamente, attraverso l’interazione continua e la coesione si sviluppa sui membri del g. una pressione ad assumere un modo di pensare e agire comune. Il processo si verifica sia a livello conscio che inconscio. Nella misura in cui il cambiamento o adeguamento è accettato, il g. procede verso più alti livelli di coesione; al contrario, nella misura in cui viene rifiutato, il g. si divide e stenta a esprimersi come un’unità. La pressione alla conformità in certi casi può anche degenerare nel tentativo di esercitare un potere di influenza sull’altro. I fattori di controllo del fenomeno sono affidati alla fiducia reciproca che i membri del g. sono riusciti a stabilire e alla solidità del legame di interdipendenza positiva raggiunto.
2.5. I processi decisionali e il conflitto.
Un g. per agire deve prendere decisioni. Quello delle decisioni è un momento di considerevole importanza. Infatti il modo in cui esse vengono assunte definisce molte delle altre caratteristiche di g. precedentemente descritte. Il processo di decisione è caratterizzato da due aspetti: la qualità e il coinvolgimento dei membri del g. Il primo esprime la ‘bontà’ della decisione in relazione al problema che deve essere affrontato. In questo caso una decisione, pur essendo altamente condivisa dai membri del g., non è detto che debba essere la migliore possibile. Il secondo descrive quanto i membri del g. condividono la decisione e sosterranno la sua realizzazione. In questo caso una buona decisione potrebbe anche non ottenere il consenso del g. e per questo non essere da esso sostenuta. Evidentemente le decisioni migliori sono quelle che associano qualità e alti livelli di consenso. L’efficacia di un g. nel prendere decisioni si valuta evidentemente rispetto a queste due dimensioni.
Connaturato all’interazione tra più persone è il conflitto di vedute, di interessi, di obiettivi, ecc. Il modo in cui il g. risolve i conflitti è una caratteristica importante del g. stesso e la capacità di saper applicare la strategia della negoziazione è fondamentale per la sua sopravvivenza, lo sviluppo e la coesione. Senza di essa, infatti, il g. può trovarsi di fronte a profonde tensioni e anche a rischio di rottura della sua unità.
2.6. Le motivazioni e gli scopi.
Sono le ragioni per le quali le persone si uniscono in g. Sebbene si possa pensare che gli scopi abbiano una priorità sul formarsi del g. e che nel riunirsi tutti i membri pensino a essi, questo non sempre è vero. Il g. può formarsi attorno scopi espliciti, ma i membri possono avere scopi impliciti che condizionano la loro presenza. Ci si può riunire in g. per studiare, ma questo non è l’unico motivo. Con esso può convivere il desiderio implicito di stare con un amico, di trovare aiuto e comprensione, ecc. Il g. vive anche per la gratificazione che i membri provano nello stare insieme.
Tutte questi fattori che definiscono un g. possono trovarsi in un g. ‘concreto’ in modo diverso, a un livello più o meno alto, dando origine a tutta quella variegata fenomenologia di g. che rende difficile attribuire al g. un’unica e definitiva definizione. (Group media)
Nonostante l’evidenza che il g. costituisce una condizione di vita fondamentale, di esso non è stata ancora trovata una definizione univoca, anche se molte questioni sono state ormai chiarite. La problematicità della definizione (e conseguentemente dello studio) deriva dalla variegata fenomenologia sotto la quale il g. si presenta (g. di lavoro, g. di amici, g. di adolescenti, g. di consumatori, g. spontanei, g. ideologici, g. di studio, ecc.).
1. Definizioni di g.
Un g. può essere definito dall’interazione presente tra un certo numero di persone "che comunicano spesso e per un certo tempo tra loro, il cui numero è così ridotto che ogni individuo può comunicare con ciascuno degli altri, non attraverso altri, ma direttamente, faccia a faccia" (Homans, 1950). Secondo altri studiosi la definizione di g. esige che i membri abbiano chiara la percezione di appartenere a esso: "Si può definire un g. sociale come un’entità costituita da una pluralità di membri individuali che hanno una percezione collettiva della propria unità e che hanno la possibilità di agire e/o che stanno agendo in una forma unitaria verso il contesto che sta loro intorno" (Smith, 1945). Il g. è stato anche definito sulla base del legame di interdipendenza che i membri stabiliscono tra loro: "Con il termine g. generalmente s’intende un insieme di individui che condividono un unico destino, cioè essi sono interdipendenti nel senso che un evento che colpisce un membro è probabile che colpisca tutti" (Fiedler, 1967). Il g. può essere ancora descritto in funzione degli scopi che condividono i membri del g.: "Un g. nel senso psicologico del termine esiste (e ha una unità) nella misura in cui i componenti individuali percepiscono se stessi come persone nel tentativo di conseguire degli scopi che promuovono l’interdipendenza" (Deutsch, 1949), o del fatto che stanno insieme per soddisfare qualche necessità personale: "La definizione che sembra più precisa è quella che definisce un g. come un insieme di organismi nei quali l’esistenza di tutti (data la loro situazione relazionale) è necessaria alla soddisfazione di certe necessità individuali in ciascuno" (Cattell, 1951). Poiché si struttura attribuendo ai membri dei ruoli e codificando delle norme, il g. potrebbe pure essere definito come: "un sistema di due o più individui che sono tra di loro interrelazionati in modo tale che il sistema esegua alcune funzioni, abbia un sistema standard di relazioni e di ruoli tra i membri e disponga di un set di norme che regolano la funzione del g. e ciascuno dei suoi membri" (McDavid e Harari, 1968). Un’ultima definizione, che mette in evidenza come in ogni g. i membri esercitano un’influenza reciproca, può essere la seguente: "Un g. è definito da come due o più persone interagiscono tra di loro in modo che ciascuna persona influenza ed è influenzata dall’altra" (Shaw, 1976).2. Variabili principali caratterizzanti un g.
Le definizioni riportate, per quanto molto comuni, sono tuttavia troppo generiche o indeterminate. Esse fanno riferimento ad aspetti normalmente presenti nei g. oppure ad aspetti maggiormente rilevanti in g. rispetto a un altro. Una descrizione più precisa e concreta sembra derivare dal modo in cui interagiscono in forma efficace o positiva una serie di fattori: la comunicazione faccia a faccia, la presenza di norme e di ruoli, la leadership e il potere, la coesione e la pressione di conformità, il sistema decisionale, gli scopi.2.1. La comunicazione faccia a faccia.
Individui riuniti insieme che comunicano direttamente fra loro o che comunicano solo con un leader, molto facilmente potranno costituire qualcosa definibile come aggregato o insieme, ma non g. vero e proprio con le sue proprietà tipiche. Infatti la comunicazione diretta da sola non è sufficiente a produrre un g. efficace. Un g. funziona realmente solo se i membri che lo costituiscono posseggono ed esprimono una competenza comunicativa (insieme di abilità come: saper comunicare fiducia, sensazioni e messaggi chiari, saper condividere sentimenti, ascoltare con rispetto, ecc.). In un g. efficace l’interazione deve essere anche ‘promozionale’, cioè esprimere comportamenti di accettazione, stima reciproca tra i membri, disponibilità a lasciarsi influenzare, aiuto reciproco e supplenza in caso di necessità.
2.2. Le norme e i ruoli.
Le norme regolano il modo in cui i membri del g. interagiscono e si comportano. Possono essere formali o informali. Le prime, spesso condivise, specificano esplicitamente le modalità organizzativo-comportamentali del g. (ad esempio, la periodicità degli incontri, i loro limiti di durata, le modalità decisionali e di partecipazione, ecc.). Le seconde definiscono tutti quei comportamenti che i membri si attendono dagli altri o ai quali essi pensano di doversi attenere nelle varie situazioni della vita di g. Tali norme possono variare per il grado di importanza che posseggono rispetto ai valori e agli scopi fondamentali del g. Quelle che regolano aspetti ritenuti essenziali consentono scarsa libertà di comportamento, quelle che definiscono aspetti secondari lasciano invece maggiore libertà. Le norme non sono imposte al g., ma si sviluppano dall’interazione tra i membri che lo compongono.
Se le norme integrano le azioni dei diversi membri nel g., i ruoli le differenziano attribuendo a ciascuno un modo proprio di agire. I ruoli sono funzioni esercitate all’interno del g. o anche aspettative che definiscono il comportamento di un membro che occupa una posizione specifica all’interno del g. (ad esempio, mantenere la memoria del g., avere la responsabilità giuridica, ecc.). I ruoli implicano un comportamento dovuto da parte di chi lo esercita e un diritto da parte di chi lo riconosce. Ruoli non riconosciuti possono dar luogo a conflitti. Un esempio tipico è il conflitto di leadership. Il non riconoscimento di una leadership dà luogo al sorgere di una contro-leadership. Un g. efficace dispone di norme precise ma anche di ruoli variabili.
2.3. La leadership e il potere.
Appena si forma un g., un membro assume una posizione di potere e di influenza sugli altri componenti.
L’argomento della leadership è stato particolarmente studiato a cominciare dagli anni Cinquanta e molte teorie sono state allora sviluppate. Alcune di esse sono interessate alla descrizione delle caratteristiche associate alla funzione di leadership o alle modalità con le quali questa è gestita (teorie dei tratti di leadership o di stili di leadership), altre alla definizione della relazione tra comportamenti di leadership efficaci e variabili situazionali (teorie situazionali). Attualmente molti studiosi concordano che non si possa parlare di un comportamento di leadership come superiore a un altro. Situazioni diverse possono infatti esigere comportamenti diversi ugualmente efficaci.
2.4. La coesione e la pressione di conformità.
La coesione indica il livello di percezione del senso di appartenenza al g. In altre parole essa esprime il modo in cui un membro o i vari membri del g. si definiscono rispetto al g. Quanto più numerosi sono i vincoli o le cose che si condividono, tanto maggiore sarà la coesione.
Norme, regole, interazione, scopi, motivazioni, attribuzioni di ruoli, leadership intervengono sui membri del g. per caratterizzare, uniformare e dirigere comportamenti e pensieri, suscitare reazioni emotive, orientare valutazioni comuni all’interno del g. In molti modi e lentamente, attraverso l’interazione continua e la coesione si sviluppa sui membri del g. una pressione ad assumere un modo di pensare e agire comune. Il processo si verifica sia a livello conscio che inconscio. Nella misura in cui il cambiamento o adeguamento è accettato, il g. procede verso più alti livelli di coesione; al contrario, nella misura in cui viene rifiutato, il g. si divide e stenta a esprimersi come un’unità. La pressione alla conformità in certi casi può anche degenerare nel tentativo di esercitare un potere di influenza sull’altro. I fattori di controllo del fenomeno sono affidati alla fiducia reciproca che i membri del g. sono riusciti a stabilire e alla solidità del legame di interdipendenza positiva raggiunto.
2.5. I processi decisionali e il conflitto.
Un g. per agire deve prendere decisioni. Quello delle decisioni è un momento di considerevole importanza. Infatti il modo in cui esse vengono assunte definisce molte delle altre caratteristiche di g. precedentemente descritte. Il processo di decisione è caratterizzato da due aspetti: la qualità e il coinvolgimento dei membri del g. Il primo esprime la ‘bontà’ della decisione in relazione al problema che deve essere affrontato. In questo caso una decisione, pur essendo altamente condivisa dai membri del g., non è detto che debba essere la migliore possibile. Il secondo descrive quanto i membri del g. condividono la decisione e sosterranno la sua realizzazione. In questo caso una buona decisione potrebbe anche non ottenere il consenso del g. e per questo non essere da esso sostenuta. Evidentemente le decisioni migliori sono quelle che associano qualità e alti livelli di consenso. L’efficacia di un g. nel prendere decisioni si valuta evidentemente rispetto a queste due dimensioni.
Connaturato all’interazione tra più persone è il conflitto di vedute, di interessi, di obiettivi, ecc. Il modo in cui il g. risolve i conflitti è una caratteristica importante del g. stesso e la capacità di saper applicare la strategia della negoziazione è fondamentale per la sua sopravvivenza, lo sviluppo e la coesione. Senza di essa, infatti, il g. può trovarsi di fronte a profonde tensioni e anche a rischio di rottura della sua unità.
2.6. Le motivazioni e gli scopi.
Sono le ragioni per le quali le persone si uniscono in g. Sebbene si possa pensare che gli scopi abbiano una priorità sul formarsi del g. e che nel riunirsi tutti i membri pensino a essi, questo non sempre è vero. Il g. può formarsi attorno scopi espliciti, ma i membri possono avere scopi impliciti che condizionano la loro presenza. Ci si può riunire in g. per studiare, ma questo non è l’unico motivo. Con esso può convivere il desiderio implicito di stare con un amico, di trovare aiuto e comprensione, ecc. Il g. vive anche per la gratificazione che i membri provano nello stare insieme.
Tutte questi fattori che definiscono un g. possono trovarsi in un g. ‘concreto’ in modo diverso, a un livello più o meno alto, dando origine a tutta quella variegata fenomenologia di g. che rende difficile attribuire al g. un’unica e definitiva definizione. (Group media)
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Bibliografia
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Come citare questa voce
Comoglio Mario , Gruppo, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (23/11/2024).
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